ZaLab e OFF!CINE
presentano
MAGARI LE COSE CAMBIANO
di Andrea Segre
La dignità di due donne contro l'urbanistica del privilegio.
Un viaggio nel cuore delle moderne borgate romane, dove migliaia di cittadini italiani e stranieri si vedono quotidianamente negato il diritto alla dignità.
Neda è una signora romana di 50 anni. Una “romana de Roma”. Nel senso che è cresciuta negli anni ’60 nel cuore di Roma, a due passi dal Colosseo. Oggi però Neda non vive più a Roma. Sta a Ponte di Nona. Nel cuore delle “nuove centralità” alla periferia Roma. 6 Km oltre il GRA lungo la Prenestina, oltre 20 km dal Colosseo.
Ci è arrivata nel 1995, con un figlio di 10 anni e uno di 3 mesi: mandata dal Comune, in una casa popolare vinta per bando, dopo anni di occupazioni a San Lorenzo e Pietralata.
“Quando sono arrivata qui mi sono guardata intorno e ho pensato: io non ci sono venuta, mi hanno deportata. Intorno alle case dove ci hanno messo non c’era nulla di nulla. Solo campi e strisce di asfalto. Non c’erano nemmeno i nomi delle strade, non c’era un posto dove comprare il latte, non c’era una scuola, non c’era un autobus. Niente. Solo noi, le nostre nuove case vuote e un futuro tutto da costruire.”
Sara, 18 anni, a Ponte di Nona invece ci è cresciuta.
Figlia di una pugliese e di un egiziano, è una delle pochissime ragazze di Ponte di Nona che ha avuto la possibilità di studiare al Liceo. Una scelta di fatica e sacrificio per cercare di uscire dalle tracce di un destino che troppo spesso in Italia sembra incontrovertibile: Sara vuole studiare, conoscere, capire e costruirsi una vita indipendente e libera, non schiacciata dalle ingiustizie delle periferie e della società capitalista.
Nel cuore della Ponte di Nona di oggi, Sara e Neda ci conducono in una sorta di autoinchiesta su quali siano le dinamiche di interesse e di potere che segnano le vite quotidiane di migliaia di cittadini come loro: quartieri costruiti senza servizi, senza collegamenti viari, senza luoghi di socialità, senza nessuna manutenzione. Imbuti schiacciati dal traffico disumano di una città costruita pensando solo all’interesse delle rendite fondiarie e dei bacini elettorali; pezzi di cemento e asfalto rubati alle campagne romane per arricchire costruttori, architetti e amministratori incuranti delle conseguenze sul tessuto sociale della città. O forse, ancor peggio, implicitamente interessati a creare nella società tensioni interne e guerre tra poveri utili a distrarre la maggioranza della popolazione dalle manovre economiche e finanziarie che portano ingenti profitti ai soliti pochi amici degli amici. Una vecchia storia, purtroppo, che si ripete da decenni a Roma e in molte altre città d’Italia, attraversando indifferentemente giunte di centro destra e di centro sinistra, prive di interesse alcuno a fermare questa gestione dissennata del territorio urbano e sociale del nostro Paese.
Una vecchia storia che oggi ha trovato nuovi protagonisti, gli immigrati e le tensioni tra di loro e gli italiani. Il film è stato infatti girato proprio nei mesi in cui a Ponte di Nona, nelle nuove case popolari colorate, stavano arrivando i nuovi assegnatari, per la maggior parte stranieri. Un impatto in alcun modo aiutato da interventi socio-culturali, che ha aperto la strada a possibili nuove tensioni a sfondo razziale.
Ma per fortuna non tutti ci cascano e con una grande forza di volontà persone come Neda, Sara e con loro Luca, Cristina, Lorenzo, Jackson e molti altri, cercano di non cadere nella trappola e di unirsi, di conoscersi, di aiutarsi.
Perché solo così, solo attraverso la capacità di unirsi e di protestare insieme, “magari le cose cambiano”.
NOTE DI REGIA
Vivo a Roma da 6 anni. Poco per esserci abituato, ma abbastanza per sentire il peso quotidiano di errori e ingiustizie urbanistiche che hanno segnato e continuano inesorabili a segnare la qualità della vita di migliaia di cittadini come me. E’ davvero brutto e pesante perdere ore in infinite code di auto e cemento. E’ davvero brutto e pesante vedere parchi o giardini abbandonati all’incuria. E’ davvero brutto e pesante vivere in piccoli appartamenti schiacciati dal traffico e dai costi incettabili di un mercatoimmobiliare gonfiato ad hoc.
Così, grazie alla grande condivisione con ZaLab e alla collaborazione di Off!cine, ho cercato di creare un racconto per non tacere il mio disagio e la mia rabbia. Un racconto capace di seguire in silenzio le vite, i pensieri, le scoperte di meravigliose persone come Neda, Sara e degli altri cittadini di Ponte di Nona che hanno accettato di partecipare al film. Un silenzio disponibile a capire, ma anche semplicemente curioso di vedere, di cercare nella realtà i segni di ferite e ingiustizie, ma anche gli sguardi di speranze e dignità.
Poterlo fare insieme alla fotografia di Luca Bigazzi è stato un’occasione importantissima, per trovare anche nell’estetica e nella geometria delle immagini e della loro luce uno strumento profondo di racconto e scoperta di luoghi e persone. Con Luca abbiamo deciso di girare tutto a mano, per dare attraverso una leggera instabilità della riprese l'idea di ansia che dà il luogo. Con un istinto da grande artista, ha costruito geometrie perfette a cercare i vuoti, i cementi, le solitudini, senza congelarle con il cavalletto, ma lasciandole traballare nella loro eterna precarietà.