riceviamo e pubblichiamo con piacere la segnalazione ricevuta da Chiara, un'insegnante che ha organizzato una proiezione de " Il sangue verde " a Ponte di Nona
Roma, 2-6-2011 Ieri c'è stata la proiezione de "Il sangue verde" nella mia scuola (IC Ponte di Nona Vecchio- Lunghezza) a cui è intervenuto Abraham Yabré. Non c'erano molti ragazzi: abbiamo dovuto spostare ad un mercoledi, invece del solito giovedi, e il mercoledi i ragazzi in genere fanno delle attività il pomeriggio. Comunque penso che i semi che si gettano non vanno perduti e che gli otto presenti ieri condivideranno ad altri quello che hanno visto ed ascoltato. E' stato molto importante che ci fosse Abraham: il fatto di trovarsi di fronte una persona in carne ed ossa che ha vissuto ciò che era raccontato nel documentario sicuramente incide sulla vita dei ragazzi. Erano un po' intimiditi, ma sono uscite fuori delle domande importanti: "L'Africa è povera?", "Perchè non hai cercato lavoro come commesso?", "Perchè andavate a lavorare a Rosarno conoscendo le condizioni?", "Perchè sono stati cacciati solo gli africani?"... Quest'ultima domanda l'ha fatta Elias, figlio di marocchini... Degli otto ragazzi due sono figli di rumeni, uno di marocchini e uno di un egiziano... E per loro è stato sconvolgente sentire che un africano non viene preso a lavorare in un bar a causa della sua pelle: avresti dovuto vedere le facce. Il fatto è che all'interno delle classi sono abituati a stare tutti insieme e certe distinzioni non le vedono proprio. A 12-13 anni sono ancora preservati dalla mentalità corrente, ancora sono capaci di guardare con occhi senza troppi pregiudizi. Certo si inizia a sentire l'influenza dei genitori e degli adulti per cui ho sentito qualche volta volare parole come "Rumeno de merda!" o "I rumeni sono tutti delinquenti". Quando però dico loro: "E' vero: anche Boris è un delinquente", riferendomi ad un loro compagno, mi guardano meravigliati come se mi stessi sbagliando: non avevano pensato che anche Boris viene dalla Romania.
Ti racconto un episodio avvenuto in una scuola elementare di Torre Angela, borgata in cui vivo. Un congolese ha fatto un progetto di danze con i bambini e un giorno si parlava dell' "uomo nero", figura usata dai genitori per spaventare i bambini. La maestra ha detto: "Allora anche Clovis è l'uomo nero!". I bambini l'hanno guardata sorpresi e hanno iniziato a sostenere che Clovis è bianco (e tu assicuro che è proprio nero): ci avrebbero messo la mano sul fuoco.
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